mercoledì 7 luglio 2010
Don Ciotti-Il lavoro ritorni al centro della vita
INTERVISTA A DON LUIGI CIOTTI
Si è appena concluso il primo Festival del Lavoro. Cosa può fare il paese per il lavoro, soprattutto dei giovani?
Costruire delle politiche del lavoro per il Paese. C’è una marea di giovani che hanno voglia di lavorare, di trovare una loro libertà, di non dover dipendere: c’è ormai un’adolescenza prolungata, c’è una dimensione giovanile che è costretta a stare in casa perché non ha le condizioni per avere dei progetti, delle prospettive. E quindi si chiedono politiche per il lavoro. È bello parlare di un festival, ma non è un festival che vuole essere solo festival, ma vuole essere un momento di riflessione, di consapevolezza: di politiche giuste, nella legalità, nella dimensione etica, ma soprattutto che tengono conto della dimensione di giustizia. Che vuole dire affermazione di diritti, a fianco dei doveri, e l’uguaglianza. Allora questa è una repubblica democratica fondata sul lavoro: chiediamo lavoro.
Lei vive quotidianamente con i giovani: i giovani possono ancora sognare il lavoro ideale?
C’è un grande impoverimento delle speranze oggi. C’è dubbio, incertezza, precarietà, fatica, che a volte crea ansia, crea anche smarrimento: noi crediamo che ci sia bisogno di ridare dei punti di chiarezza, di sicurezza, creando una nuova fonte generatrice tra un mondo di giovani e un mondo di adulti. Abbiamo bisogno non di una società che si preoccupi dei giovani ma che se ne occupi di più: il problema della famiglia, il problema della scuola, del lavoro, sono delle priorità con una loro sana partecipazione, un loro sano protagonismo. Devo dire che i ragazzi sono fantastici, hanno fantasia, creatività, oggi hanno la nuova tecnologia e se trovi dei punti di riferimento positivi, che riescono a intercettare il loro vissuto, le loro emozioni, e creano le loro condizioni con il loro protagonismo, io li vedo esplodere. Li vedo esplodere in senso positivo: ci sono, e quindi bisogna crederci in questo.
Lei spesso è nelle regioni del Sud. C’è una fuga di cervelli, si parla di una politica per far rientrare questi cervelli. Al Sud c’è bisogno di giovani: cosa bisogna fare?
Il Sud è una terra meravigliosa, con gente meravigliosa, con grande fantasia, creatività, e con un grido. Un grido da una parte “basta” all’illegalità, alla criminalità, dove in certi territori c’è una presenza criminale mafiosa, che poi è trasversale a tutto il nostro Paese, lì magari ha scorie, radici, percorsi; dall’altra parte bisogna creare le condizioni di politiche sociali, di un fermento sociale, dovrei dire di giustizia sociale, e quindi il problema della casa, del lavoro. Giovani che sono costretti ad andare lontano impoverendo la loro terra, non potendo avere le condizioni per potersi spendere lì: conosco tanti che sono tornati che hanno un mare di problemi, di fatiche, di sacrifici, che si stanno spendendo per l’amore della loro terra. Io vedo con le cooperative che abbiamo cercato di aprire sui beni confiscati ai grandi boss con bando pubblico, trovi delle
meraviglie di ragazzi: allora tu immagina se si riesce a moltiplicare questa e altre forme di intervento. Su questo il Paese deve rifletterci perché conviene: la lotta alle grandi criminalità, alle mafie, comincia proprio a creare le condizioni di vivere quello che in fondo Carlo Alberto Della Chiesa, il prefetto di Palermo, un giorno ha detto: lo Stato dia come diritto ciò che le mafie danno come favore. Diritto e dovere: creiamo condizioni di lavoro, di dignità, di libertà per le persone. Questa è la grande scommessa.
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