Innocenzo Cipolletta Il Sole 24 Ore 06 agosto 2010
Come si può ridurre il disavanzo pubblico del paese senza troppo deprimere la capacità di crescita? La risposta che viene correntemente data è: basta ridurre gli sprechi e combattere l'evasione fiscale. In questo modo si riesce a ridurre il disavanzo pubblico senza incidere sulla crescita del paese. Bella soluzione: ma funziona? L'esperienza dice di no.
Quando si parla di sprechi nella spesa pubblica si citano sempre gli stessi esempi: la pletora dei CdA delle società degli enti pubblici, la presenza di sedi all'estero, le auto blu, l'assenteismo, i falsi invalidi e poco altro.
Sono esempi che attirano l'attenzione ma nel complesso incidono poco sulla spesa pubblica. Certo, vanno eliminati, ma non è questa la via per fare risparmi consistenti. La strada è quella di tagliare alcuni servizi pubblici e anche qui si sostiene che ci siano molti sprechi. Ma, quelli che alcuni considerano come sprechi, spesso sono invece servizi utili per altri. Lo spreco è sempre quello che non serve a noi. Treni e autobus che viaggiano semivuoti; posti letto negli ospedali che non sono pienamente utilizzati; musei poco visitati; enti di ricerca e culturali; scuole diffuse sul territorio; eccetera.
Si possono riorganizzare questi servizi, ma alcuni sprechi non possono essere eliminati, pena la perdita del servizio stesso. Ad esempio, non si può pretendere che tutti partano alla stessa ora con lo stesso mezzo di trasporto per razionalizzare il servizio, ovvero che tutti vadano allo stesso ospedale, come in una catena di montaggio. La qualità di un servizio sta anche nella sua disponibilità quando serve. Più che tagli di sprechi, occorre avere il coraggio di dire che si stanno riducendo i servizi ai cittadini, ciò che non può non incidere sulla loro vita e sulla loro capacità di spesa. Con il risultato che questi tagli hanno effetti depressivi sull'economia, ciò che invece si sarebbe voluto evitare.
Lo stesso vale per la lotta all'evasione. Spesso la lotta all'evasione è affidata all'eliminazione di alcune deduzioni fiscali, considerate fonte di elusione, o all'inasprimento di alcuni parametri ritenuti non adeguati. Saranno anche giuste simili misure, ma alla fine sono nient'altro che un inasprimento fiscale su chi già paga adeguatamente le imposte. Mentre i troppi condoni e scudi fiscali finora fatti nel nostro paese non hanno portato alcuna riduzione dell'evasione fiscale e hanno invece premiato abbondantemente chi evadeva le tasse. E con ciò l'evasione fiscale è continuata.
In effetti, l'errore principale sta proprio nel considerare la lotta all'evasione e agli sprechi come misure per fare cassa nei momenti di bisogno. Questa impostazione trasforma un'azione ordinaria che dovrebbe essere esercitata costantemente in una manovra straordinaria dettata dalla congiuntura economica. È come dire che, se non ci fosse la necessità di ridurre il disavanzo pubblico, allora non varrebbe la pena di ridurre gli sprechi e di combattere l'evasione fiscale. E ciò è sbagliato e immorale. La lotta all'evasione fiscale e agli sprechi deve essere un obbligo permanente del governo e dell'amministrazione pubblica, che non deve variare a seconda delle esigenze della finanza pubblica. Sarebbe un vero scandalo se fosse vero il contrario.
Ma allora, come contenere il disavanzo pubblico in una fase recessiva come l'attuale? La via è quella di usare più la leva fiscale che quella della riduzione della spesa pubblica. Un aumento delle tasse sui redditi medio-alti delle persone ha meno effetti depressivi di una riduzione della spesa pubblica che colpisce servizi a danno dei meno abbienti. Inoltre, poiché veniamo da un periodo di forte accentuazione delle disparità di reddito, una simile misura avrebbe anche effetti perequativi e di giustizia sociale. Quindi sarebbe anche meglio accettata dalla popolazione.
Purtroppo nel nostro paese ancora si insegue il mito della riduzione, a tutti i costi, della spesa pubblica, come se fosse la soluzione di tutti i mali, senza rendersi conto che la ricchezza di un paese dipende anche dalla qualità e dalla quantità di servizi che vengono offerti alla popolazione. E si inseguono gli elettori attraverso riduzioni di imposte, come l'eliminazione dell'Ici sulla prima casa che ha abbassato la pressione fiscale sui più abbienti e ha distrutto ogni possibilità di varare una qualche forma di federalismo fiscale.
Con una politica di riduzione del disavanzo pubblico tutto centrato sulla spesa pubblica, si aggraveranno le spinte recessive nel paese. Almeno di questo devono essere consapevoli quanti continuano a pensare che basta ridurre gli sprechi per sanare le finanze pubbliche in una fase di crescita lenta dell'economia.
lunedì 9 agosto 2010
Tasse sui redditi alti per non ridurre la spesa-Innocenzo Cipolletta
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento