mercoledì 18 gennaio 2012

Gazzettino 17.01.2012-L’ex sindaco al primo cittadino:

S. GIORGIO IN BOSCO

L’ex sindaco al primo cittadino:
«Quel "debito" era normale»

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Martedì 17 Gennaio 2012,
(G.C.) «Non è mia abitudine polemizzare, ma mi sento in dovere, per rispetto verso i miei concittadini, di smentire affermazioni frutto forse di scarsa conoscenza di un bilancio e di malafede». L'ex sindaco Leopoldo Marcolongo, sentendosi chiamato in causa in varie occasioni dall'attuale primo cittadino, così replica al sindaco Bobo Miatello. «I fondi c'erano e la precedente amministrazione non ha lasciato in eredità da pagare 1.500.000 euro di debito. Ha lasciato, dopo aver fatto in 5 anni 7,5 milioni di euro di investimenti, -un debito comunale sceso dai 2,8 milioni di euro del 2003, ai 2,2 del 2008. Debito del tutto normale per un Comune come il nostro, che si conferma all'ultimo posto nel padovano, quattro volte inferiore a Cittadella. Il problema non è quindi il debito lasciato dalla precedente amministrazione ma, per chi conosce un minimo di finanza pubblica e sa leggere un bilancio, il patto di stabilità del governo nazionale. L'attuale amministrazione, doveva solo liquidare soldi precedentemente depositati ai fornitori per i lavori. Non reperire i fondi, ma solo erogarli».

FOCUS GROUP 12 dicembre 2011 sulle prospettive dell’economia e del lavoro in Veneto

Dall’estate del 2008 si è scatenata in Italia e in un Veneto non abituato a ritornare indietro, una crisi economica senza precedenti che ci sta portando alla recessione.
I massicci ricorsi agli ammortizzatori sociali, se hanno garantito la pace sociale, non sono bastati per uscire dalla contrazione dell’economia. Neppure la diminuzione della Cassa Integrazione ci può rassicurare, perché, finita la CIG, le imprese hanno cominciato a licenziare.
La ripresa, non solo non si intravede ancora, ma appare molto lontana. L’unico dato positivo, legato alle esportazioni, si sta già ridimensionando.
La preoccupazione maggiore va alla disoccupazione giovanile, giovani sono considerati ormai quelli fino a 32/33 anni e quella zona grigia che non studia e non lavora. La famiglia ha fatto da ammortizzatore sociale, ma i giovani disoccupati o precari, non riescono a fare un mutuo e farsi una famiglia. Ci sono poi le donne che sono svantaggiate nel lavoro e gli ultra 45enni, che difficilmente trovano un reimpiego, a causa dell’età. Ci sono poi alcuni lavori che i nostri giovani non vogliono più fare.
Serve una fiscalità a misura di famiglia che “pesi” l’importo di tasse, tariffe, contributi per l’accesso ai servizi, in base all’effettivo carico familiare, favorendo, di volta in volta, famiglie numerose o famiglie in difficoltà (Quoziente Parma).

Le politiche sociali del futuro devono essere ripensate in una logica di sussidiarietà mettendo al centro la persona.
Occorre abbandonare le vecchie logiche assistenzialistiche cui si è ispirata l’azione pubblica nel campo delle politiche sociali per realizzare un welfare delle opportunità diretto a sviluppare la potenzialità della persona e a promuoverne le capacità umane. In tale prospettiva si riconosce la famiglia quale attore sociale, cellula economica fondamentale e nucleo primario di un welfare in grado di tutelare i deboli e di scambiare protezione e cura, in quanto i soggetti sono portatori di bisogni, ma anche di soluzioni.

Il nuovo modello sociale deve indirizzare le persone verso comportamenti attivi e stili di vita responsabili, prevenendo le situazioni di bisogno dovute a eventi fisiologici (infanzia, maternità, vecchiaia), patologici (malattia, infortunio, disabilità) o anche particolari situazioni economiche (crisi aziendale o occupazionale, disoccupazione, fine lavoro). Principio ispiratore del nuovo sistema deve essere l’idea della persona che cerca di potenziare le proprie risorse per rispondere al bisogno e che vive in maniera responsabile la propria libertà. Questa visione privilegia il territorio quale ambito più idoneo a realizzare risposte ai bisogni attuali e potenziali della persona. Il federalismo fiscale appare la riforma istituzionale più significativa per valorizzare la dimensione territoriale e in ciascun territorio la responsabilità degli amministratori locali. In questa prospettiva, occorre abbandonare la logica assistenzialistica, per aprire la strada ad un welfare delle opportunità, fondato sulla presa in carico della persona attraverso un’ampia rete di servizi e di operatori (pubblici e privati) che offrono prestazioni assistenziali, ma anche promessa di un miglioramento della vita quotidiana.
Il nuovo sistema dovrebbe basarsi su due pilastri. Uno pubblico, sul modello dell’indennità di disoccupazione e da estendere a tutti i lavoratori subordinati e parasubordinati a progetto, mentre per i lavoratori indipendenti che sono in condizione di dipendenza socio-economica di un solo committente, si dovrebbe prevedere una sorta di indennità di reinserimento. L’altro privato, che con il sostegno di una fiscalità di vantaggio e dei contributi obbligatori che oggi finanziano la gestione della cassa integrazione, possa far decollare la bilateralità promossa dalle parti sociali. Bisogna quindi insistere sulla bilateralità, quale seconda gamba di un sistema pubblico di protezione. L’allargamento delle prestazioni del nostro sistema sociale, dovuto alle modificazioni demografiche e sociali, richiede l’integrazione di soggetti privati, esattamente come avviene per la previdenza complementare.
I pilastri del progetto sono:
- il principio di “laboriosità”, secondo cui il lavoratore che intende godere dell’indennità non deve mai restare “inoperoso”, sia perché solo attraverso il reinserimento e la formazione possono accrescersi le possibilità di reperimento di un’occupazione, sia perché solo così si evita il grave fenomeno del lavoro nero con contestuale lucro dell’indennità di disoccupazione;
- il lavoratore con indennità va subito avviato per essere reinserito o inserito in un’attività a tempo pieno presso i soggetti richiedenti, gratuitamente senza costituzione di un rapporto di lavoro come avveniva per i Lsu o gli stage. L’azienda utilizzatrice dovrà comunque essere obbligata a lasciare libero il lavoratore per la partecipazione alle iniziative di formazione e alla ricerca di una nuova occupazione;
- trattamento unico, con l’abolizione delle varie prestazioni per la disoccupazione, cigs, cigo, mobilità, ecc. L’unica prestazione (oltre ai bonus di sei mesi per le donne in gravidanza che non hanno usufruito dell’indennità di maternità), andrebbe erogata in tutte le ipotesi di sospensione/interruzione del rapporto di lavoro;
- l’indennità di disoccupazione potrà essere parametrata al 50% della retribuzione media netta degli ultimi due anni contributivi, con un importo minimo da valere anche per gli inoccupati di 600 euro mensili netti e con un tetto di 1000 euro mensili netti. Questa indennità deve essere fiscalmente esente. Per le donne la durata complessiva del trattamento va prolungata, ad esempio di sei mesi, per ciascun figlio avuto in stato di disoccupazione senza indennità di maternità.

Se le misure strutturali per la riforma del welfare e per il rilancio dell’economia devono necessariamente essere fatte dal Governo centrale

- come la possibilità di assumere lavoratori espulsi dai cicli produttivi per la loro riqualificazione e il loro reimpiego tramite il contratto di apprendistato
- la riduzione dei tipi di contratto di lavoro a tre: a tempo indeterminato, compreso il lavoro a chiamata, a termine, con la variante della somministrazione e l’apprendistato
- l’eliminazione della lauree brevi di tre anni
- allentare il patto di stabilità dei Comuni, in modo che possano pagare prima i fornitori
- fare in modo che le banche concedano più credito alle piccole e medie imprese

la Regione Veneto dovrebbe agire su:

- la 3° Commissione deve lavorare velocemente sulla riforma dell’Apprendistato
- fare campagne di orientamento ai giovani per incentivare le professioni tecniche
- garantire il sostegno al reddito per i lavoratori colpiti dalla crisi e attuare piani di ricollocazione con una formazione mirata al nuovo inserimento e non generica
- sostenere le scuole professionali e i licei artistici con sbocchi nell’artigianato
- valorizzare e sostenere i centri di formazione professionale
- migliorare l’incontro della domanda e offerta di lavoro
- favorire l’alternanza scuola-lavoro con gli stage, con un rigida disciplina, come esperienza di orientamento al lavoro
- fare la Legge Regionale sull’Istruzione e Formazione Professionale
- data l’impossibilità di far coincidere la qualifica nella domanda di lavoro con la relativa offerta, realizzare un sistema di certificazione delle competenze professionali formali ed informali
- orari flessibili, scuola a tempo prolungato, asili nido, per favorire le pari opportunità delle donne che lavorano

Leopoldo Marcolongo
Rappresentante Confprofessioni Veneto al C.R.E.L. - Regione Veneto
3° Gruppo di Lavoro: Situazione economica e occupazionale