martedì 16 novembre 2010

Santa Francesca Cabrini-Avvenire 14 novembre 2010



La maestra che riscattò gli italiani d’America


DI ELIO GUERRIERO

« Gli italiani qui sono trattati come schiavi ». Diceva così madre Cabrini al primo impatto con la realtà americana verso il 1890. Partita da Lodi su impulso del vescovo di Piacenza, don Giovanni Battista Scalabrini e di Leone XIII, due tra gli spiriti più sensibili alla questione sociale e al disagio dei migranti italiani all’estero, aveva aperto una scuola nei quartieri più degradati di New York. Terminate le lezioni, come già faceva nei paesi del lodigiano, non rimaneva nella tranquillità del piccolo appartamento che condivideva con le sue discepole, ma vagava per la città entrando senza paura in ambienti spaventosi per miseria e violenza. Poté allora constatare che le richieste erano enormi e le sue risorse misere. Non si perse d’animo. Con spirito imprenditoriale mise a punto una tecnica che presto diede risultati insperati. Si recava dagli italiani che avevano fatto fortuna e li convinceva a farsi carico delle difficoltà dei più poveri. Le sue argomentazioni: si guadagnavano la riconoscenza dei connazionali, li aiutavano a inserirsi nel crogiolo delle etnie e delle culture presenti in America, il famoso melting pot, tutti insieme guadagnavano di prestigio nella società. Per ottenere questi risultati erano importanti le scuole e una formazione adeguata. Queste proposte erano avanzate con l’entusiasmo di una trascinatrice. Ha testimoniato la moglie del console italiano: dopo le prime fondazioni, la madre «non chiedeva. Erano gli ammiratori della sua opera che si sentivano spinti ad aiutarla ». Poté fondare allora un gran numero di scuole strategicamente sparse in tutti gli Stati Uniti.

Né l’opera della Cabrini si fermò al Nord. Già nel 1891 un viaggio avventuroso la portò in Nicaragua dove poté aprire diverse scuole. Al ritorno passò da New Orleans dove la comunità italiana viveva in una situazione di tensione e disagio. La madre la riorganizzò in 4 o 5 mesi. Seguirono tre viaggi in Argentina e uno in Brasile sempre con lo scopo di aprire delle case dell’istituto e delle scuole per l’integrazione degli emigranti italiani nella società americana.

All’azione in campo scolastico, seguì l’intervento in ambito sanitario. L’ospedale Columbus di New York, da poco fondato, correva il rischio di chiudere per fallimento. Madre Cabrini lo rilevò e lo dotò di attrezzature scientifiche all’avanguardia. In pochi anni il Columbus era diventato uno dei più importanti istituti medici della metropoli. L’ultimo campo di azione della madre furono le carceri dove gli italiani, di umili origini e con scarse conoscenze della lingua, erano impossibilitati a difendersi. Le suore di madre Cabrini riuscirono a riaprire alcuni processi ingiusti e a ripristinare i rapporti dei detenuti con le famiglie.

Oggi la stazione Centrale di Milano viene dedicata a santa Francesca Cabrini, patrona degli emigranti. Un gesto simbolico che acquisterà pienezza di significato se accompagnato dalla strategia dell’accoglienza basata sui cardini individuati dal genio della santa: scuola dell’integrazione, ospedali d’avanguardia, carceri a dimensione umana. La carità immagina ed edifica una città armoniosa in cui possano convivere in pace uomini di razze e culture diverse.

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