mercoledì 30 marzo 2011

morte del Museo dell'Emigrazione Veneta


Quale futuro può avere un popolo che rinuncia alla memoria del suo passato?
Come si può andare da qualche parte se non si sa da dove si viene?
Quale futuro può avere un popolo che rinuncia alla memoria del suo passato?
Forse sono di parte, perché so cosa vuol dire essere figlio d'emigrante, ma è evidente che anche in quest’occasione il Veneto ha perso l’opportunità di divenire un punto di riferimento nel mondo.
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In questi giorni è apparso sul Gazzettino di Padova un articolo che sintetizza la morte definitiva del Museo dell’Emigrazione Veneta sul quale vale la pena di soffermarsi. Già l’occhiello del titolo scritto in minuscolo (museo dell’emigrazione veneta) dimostra il poco rispetto e l’ignoranza nei riguardi del secolare fenomeno dell’emigrazione costruita con i sacrifici dei nostri Emigrati.
E questo è solo l’inizio perché i commenti che mi sono pervenuti a riguardo sono molti e rammaricati. Fra gli altri quello di Massimo Russo, uno dei ventimila Italiani cacciati dalla Libia nel 1970, che stigmatizza l’accantonamento del progetto di un Museo dell’Emigrazione Veneta voluto dal sindaco di San Giorgio in Bosco.
Purtroppo l’attuale amministrazione comunale sangiorgese è ancora ferma alla demagogia e al populismo. Magari è attenta alla buca sulla strada o al punto luce, ma non sa alzare gli occhi oltre i problemi contingenti, far crescere il paese, investire sul futuro. Nella sua arroganza trasferirà a Villa Bembo tutti gli uffici comunali, come se finora non avessero una sede adeguata. E’ evidente che il sindaco ora potrà avere l’ufficio al piano nobile, come se le Barchesse non fossero sufficientemente prestigiose per lui. Forse dimentica che i contributi per restaurare Villa Bembo sono in gran parte merito di un illustre Emigrato di San Giorgio in Bosco, il Sen Luigi Pallaro, partito da Lobia e ora residente a Buenos Aires.
Voler sminuire il progetto culturale regionale, relegandolo a una sezione sull'Emigrazione Veneta presso la biblioteca non è sufficiente.
Un Museo dell'Emigrazione del Veneto deve essere un luogo che narra la storia, i sacrifici, i successi di coloro che, costretti a lasciare il Veneto, l'hanno aiutato poi a crescere con le loro rimesse. Un Museo in sinergia con Regione Veneto, Province, Associazioni storiche dell’Emigrazione, Università, Comuni del Veneto, Organizzazioni Religiose che dedicano la loro Pastorale ai nostri Emigrati.
Emigrati, che hanno conservato in tutti i Paesi dove li ha portati la necessità di migliorare la loro condizione, le tradizioni, il dialetto, la religiosità del Veneto. Emigrati ormai di terza e quarta generazione, che guardano con ammirazione al Veneto, alla sua cultura, ai suoi prodotti. Loro sono i nostri migliori ambasciatori nel Mondo, ma se rinunciamo a riagganciare i rapporti con queste generazioni, li perderemo per sempre. Sarebbe il più grande investimento, in un momento di saturazione economica interna, per dare prospettive alla nostra regione. Non solo quindi memoria e vecchie valigie, ma un portale internet con collegamenti agli archivi dei Distretti di Leva militare in Veneto e ai registri di sbarco all’estero, links dei Musei e dei Centri studi in Italia e all’estero, contatti con le Associazioni degli Emigrati in Veneto e all’estero, premi per le Tesi di laurea in materia di Emigrazione, gemellaggi, scambi di delegazioni che darebbero a San Giorgio in Bosco la visibilità che non ha mai avuto. Sarebbe il punto di raccolta di banche dati, come quella dell’anagrafe civile del periodo Lombardo-Veneto (1816-1871), che quest’amministrazione ha abbandonato. Il luogo di promozione di visite di scolaresche e di famiglie, convegni, pubblicazioni, festival di film e documentari sui temi dell'Emigrazione dei Veneti nel Mondo. Il Museo creerebbe un circuito virtuoso di persone che porterebbero benefici anche ai nostri esercizi pubblici e che rilancerebbe l'immagine del nostro paese già conosciuto in tutto il Mondo grazie al progetto del Museo e agli interventi dell’Associazione Erika. L’Emigrazione, dopo essere stata per l’Italia una grande tragedia, può diventare ora una grande occasione, umana, economica e di riscoperta del nostro passato.
Ben vengano le iniziative alle quali partecipano anche gli Amministratori comunali come la Festa dei Veneti nel Mondo, ma non dimentichiamo che la storia dell’emigrazione è tutt’altra cosa. Non certo riducibile a lustrini, apparizioni televisive o articoli di giornale. Non riconoscendo la memoria si perde di vista il presente e ancor più il futuro dei sangiorgesi.
Le rose del deserto, le rose di Acatama, sono sempre lì e fioriscono una volta l’anno, ma a San Giorgio in Bosco, il Paese dell’acqua, non fioriranno mai.

San Giorgio in Bosco, 28 marzo 2011

Leopoldo Marcolongo, già Sindaco di San Giorgio in Bosco

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