Transumanza,
una tradizione millenaria ma sempre attuale
Pastori, pecore, gregge, agnelli. Parole che ci
accompagnano da quando, da piccoli, fare il presepe era una festa. Con grande
impegno collocavamo la grotta, Gesù bambino, Giuseppe e Maria, il bue e
l’asino, i tre Re Magi e, attorno, case, mulini, lavandaie, fabbri, arrotini,
viandanti. Ma erano i pastori e le pecore che, più di tutto, ci richiamavano il
paesaggio del tempo della nascita del bambinello, perché i pastori, che
dormivano sotto le stelle, erano stati i primi a rendere omaggio a Gesù.
A scuola poi abbiamo imparato il “Canto notturno di
un pastore errante nell’Asia” di Leopardi:
La vita del pastore.Sorge in sul primo albore
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?
Gregge a San Giorgio in Bosco durante l'ecclissi di sole del 20 marzo 2015
Negli ultimi cinquant’anni l’economia ha fatto progressi che mai c’erano stati nella storia. Il “progresso”, ha cambiato i nostri stili di vita e i pastori sono stati relegati ad una cultura romantica, antica, non più di moda. Le opere di trasformazione dell’ambiente naturale operato dall’uomo per migliorare la qualità della vita, costruzioni, strade, zone industriali, hanno reso sempre più difficile la transumanza. Molti sindaci poi hanno imposto divieti assurdi al transito e al pascolo delle greggi, con multe salate e imposto comunicazioni preventive suoi percorsi e sulle autorizzazioni dei proprietari dove si svolge il pascolo vagante. La transumanza invece, pur seguendo percorsi prefissati, può variare a seconda delle condizioni del tempo, dei raccolti dei campi, delle autorizzazioni dei proprietari dei fondi e degli imprevisti. Il codice della strada poi pretende che i greggi transitino a gruppi di 50 pecore, scortate, davanti e dietro, da guardiani, come fosse possibile dividere a gruppi un gregge di mille pecore.
Sono
passati i tempi della città di Padova che si arricchiva con il commercio
della lana, del “pensionatico”, cioè del
diritto di
pascolo su fondi pubblici o privati, dietro corrispettivo di un canone. In ogni
comune c’erano le “poste”, dove potevano fermarsi i greggi. Le “poste”,
istituto di uso civico, sono tutt’ora operanti, in quanto diritto
imprescrittibile ed inalienabile.
Sono passati i tempi di quando le nostre nonne filavano e facevano
i calzini con la lana di pecora. Ora le pecore vengono tosate, una o due volte
l’anno, ma la lana, ora considerata
rifiuto speciale, serve solo per fare intercapedini per l’edilizia.
Nonostante i problemi attuali, la transumanza segue schemi
millenari: sei mesi sui pascoli di montagna e sei mesi in pianura. Si lavora
365 giorni all’anno, Natale e Pasqua compresi, con il sole, la pioggia o la
neve. Uno stile di vita lontano dalla modernità, continuando il cammino
intrapreso dai padri. E’ un inno alla vita, a contatto con la natura e i valori
della tradizione. Si segue il sole, sveglia all’alba e riposo al calare del
sole, perché le pecore hanno bisogno di una sola cosa: brucare erba. Erba verde
d’estate e erba morta d’inverno.
La parte più bella dei pastori è il pascolo in montagna, fra i
1500 e 2000 metri, dove le greggi si muovono su grandi spazi in una natura
incontaminata, in estate e all’inizio dell’autunno, lontano dalla confusione.
Il pascolo è verde e abbondante e i pastori tirano un po’ il fiato dopo la
fatica della transumanza in pianura. Il pericolo maggiore in montagna, a parte
i dirupi e qualche sentiero scosceso, è la presenza dei lupi che hanno fatto la
loro comparsa uccidendo parecchie pecore.
In novembre, con le prime nevi, i pastori iniziano la discesa
verso la pianura. Il lungo serpentone bianco di pecore è tutto un belare, uno
scampanellio, un abbaiare di cani, un ragliare di muli.
Chilometri e chilometri a
piedi guidando il gregge, facendo attenzione a non bloccare le strade, a non
lasciare indietro animali per strada, cercando ogni giorno un posto dove far
pascolare il gregge e farlo sostare di notte. Una volta arrivati, bisogna
ritornare alla fermata precedente per riportare il fuoristrada che accompagna
il pastore. Il fuoristrada, in pianura, ha sostituito i muli nel trasporto
degli agnellini appena nati ed è la casa del pastore. Qualche volta trascina
una roulotte che rende più confortevole la vita del pastore con il freddo
invernale e le piogge. In montagna
invece sono indispensabili i muli per il trasporto.
I greggi, a volte, passano di notte i centri urbani che non è
possibile evitare con strade alternative, facendo attenzione, specie con la
nebbia, a non essere investiti da auto
spericolate. Spesso gli automobilisti si infastidiscono per il ritardo
nell’andare al lavoro, qualcuno protesta perché la strada è stata sporcata,
altri perché le pecore puzzano o perché portano le zecche. La transumanza non è
mai stata semplice ed è sempre stata circondata da pregiudizi. Molti pastori
hanno aiutanti stranieri e anche questo aumenta la diffidenza.
La transumanza in pianura richiede una sorveglianza assidua a
causa degli spostamenti quasi giornalieri. Bisogna tenere lontane le pecore dai
campi coltivati a frumento e erba medica, dagli orti e dai giardini delle
famiglie. Le pecore si muovono continuamente, a causa della scarsità dell’erba
e i cani da pastore vanno sempre avanti e indietro per contenere il gregge. A
mezzogiorno e alla sera poi bisogna mettere le reti per fermare il gregge e prendere
dal fuoristrada gli agnellini piccoli per darli ad allattare dalle rispettive
madri. Per facilitare la ricerca della madre, pecora e agnellino vengono segnati
sul dorso con dei numeri.
San Giorgio in Bosco, 15 gennaio 2017
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