lunedì 13 maggio 2013

Sergio Frigo-Il sindaco, i Rom e le pecorelle "sgradite"


http://sergiofrigo.myblog.it/archive/2013/01/30/il-sindaco-i-rom-e-le-pecorelle-sgradite.html


....senza andare a Treviso con la crociata di Gentilini contro i cani foresti, anche Miatello non è nuovo a queste uscite, solo che finora si era limitato agli umani: nel passato aveva già negato l'uso del campo di calcio a una squadra di giovani atleti rumeni, poi era arrivato a denunciare un imprenditore che ospitava sul proprio terreno alcune famiglie rom, nelle loro roulottes: quella volta il motivo era stato l'uso improprio del terreno.
Vuoi vedere che anche le "pecorelle sgradite" sono nomadi e straniere?

Storie di pascolo vagante-Marzia Verona

 http://pascolovagante.wordpress.com/2013/02/04/giorno-e-notte/

Il Signor Sindaco di San Giorgio in Bosco evidentemente non apprezza de Andrè: “…dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior…“. Io preferisco che sotto casa mi passi uno, dieci, cento greggi, piuttosto che un ugual numero di tir puzzolenti e fumosi.
Ordinanza illegittima sulla transumanza delle pecore

 
Ci risiamo. Dopo i colombi ....le pecore.
Ma dove vive questo sindaco della Lega Nord sulla luna?
Nel suo delirio di onnipotenza, dal piano nobile di Villa Bembo splendidamente restaurata per il Museo dell'Emigrazione del Veneto e tristemente bocciato,  fa un'ordinanza che segna la fine della pastorizia.
Il Veneto deve esser solo quello dei capannoni e rinunciare alla sua storia, alle sue tradizioni, agli antichi valori?
E' questo il federalismo che vogliamo, che ogni sindaco sia un piccolo despota  o è meglio che sia la Regione Veneto a regolamentare la transumanza?
Ma dove va il Veneto se non valorizza la storia che lo ha fatto una delle Regioni più industrializzate del mondo?
 
L'ordinanza sulla transumanza ovina non è di competenza del sindaco ed è chiaramente illegittima perché ostacola un'attività economica legittima e il Tar la boccerà, facendo fare al sindaco di San Giorgio in Bosco il secondo debito fuori bilancio. Debito che non verrà pagato dal sindaco, purtroppo, ma dai cittadini, sui quali grava anche il costo dei cartelli inutili.
La pastorizia  è antichissima e risale all’epoca romana. I documenti esistenti a cavallo del Mille, quando parlano dei nostri monti, parlano di pastorizia.
Il diritto di pensionatico, in quanto diritto di uso civico, non è soggetto ad usucapione né ad abbandono per desuetudine e, come dice la legge, esso è imprescrittibile.
Il sindaco dovrebbe preoccuparsi piuttosto del danno che fa il passaggio delle auto, dato che sulla statale l'inquinamento è fuori di ogni norma. 
 



 
 
Purtroppo non so come il Veneto abbia potuto allevare invece delle pecore, una classe dirigente come quella leghista, rozza, ignorante, insensibile e con la memoria corta.
Fuori dal Veneto siamo visti ed abbiamo  una nomea di evasori fiscali, senza valori, unicamente attaccati ai soldi ed infarciti di ideologie e luoghi comuni, quali quelli di caccia al diverso, allo straniero, agli zingari, dimenticando o forse ignorando quanto hanno sofferto i nostri emigranti.
C'è stata da noi e non solo da noi, una mutazione perniciosa e  pericolosa, lasciando sulla strada non i residui del passaggio delle pecore ma   le virtù, cioè le caratteristiche che i veneti nel mondo hanno portato e tramandano ancora  con onore, orgoglio  e sacrificio.
Contro l'ignoranza è difficile prevalere, la logica conta poco, l'onestà è vista come mancanza di furbizia.
 


Noi pastori per scelta

BORGO VALSUGANA (Trento) C' è ancora brina sui prati e Gabriele Floriani esce dal letto sistemato nel rimorchio del furgone, si scalda un caffè, accende una sigaretta, apre il recinto mobile del gregge e lo lascia dilagare sul prato. I cani, felici, scattano come missili a riportare indietro chi va troppo lontano, poi si rimettono quieti accanto a lui, ansimando in una nube di vapore. Gabriele ha ventidue anni ed è contento, fa quello che gli piace, la giornata è fredda e magnifica, sulla Valsugana arriva il primo sole da Cismon. Tempo perfetto per la transumanza. L' Alpe non è solo terra di vacche grasse, campanacci e formaggi coi buchi. E la transumanza non è solo roba d' Appennino. Nel Nord Italia centomila pecore si calano ogni autunno in pianura, e ventimila dal solo Trentino. Ebbene, in questo saliscendi millenario si comincia a veder qualcosa di nuovo, anzi di antico. Sono tornati i pastori giovani; bastone, tabarro e cappellaccio dei nonni. Fino a ieri erano vecchi o stranieri. Oggi, complice la crisi, c' è una mutazione generazionale. Arrivano ragazzi speciali, che scelgono la pastorizia senza essere figli di pastori. Gabriele non è un valligiano, abita alla periferia di Trento. Ma a dodici anni ha conosciuto un pastore di Arco e gli è andato dietro. E due anni fa, alla fine dei corsi in agraria, quando il vecchio è andato in pensione, lui gli ha comprato il gregge e si è messo in cammino. Sorride: «Se hai passione, meglio lavorare che studiare, coi tempi che corrono». Ma transumare non è solo lavoro; è una fregola migratoria che ti consuma. Devi essere zingaro dentro. E gli zingari, si sa, non amano i recinti e non hanno vita facile con la gente. Si parte. Il sole ha invaso il prato, la Brenta verdegrigia è in tumulto tra gli argini. La valle è chiusa da strapiombi e si riempie di belati. I cani compattano le bestie in un unico blocco di lanugine, poi la diga si rompe e la massa liquida si espande per forza di gravità. Davanti c' è un bosco, fitto come un battaglione di granatieri, ma il gregge anziché aggirare l' ostacolo, lo penetra come un fiume in piena. Il pastore non è uomo di tangenziali e svincoli. Segue la via più breve, aderisce al paesaggio. Ne rivendica la proprietà temporanea. Seguirlo significa darsi alla macchia. Sentirsi lontano dagli uomini anche se hai l' asfalto a pochi metri. Veneto, Trentino e Lombardia: a novembre è tutto un andare di greggi. Li vedi sulla mappa di Giovan Battista Turra, pubblico veterinario addetto alle transumanze, nel suo quartier generale di Borgo Valsugana. Sembra una carta idrografica, e in effetti sono fiumi di animali che colano a valle. I giovani pastori trentini Turra li conosce uno per uno. Indica la base di partenza di Michele Laner, diciannove anni, in Valle dei Mocheni. Mostra le greggi di Matteo Froner, vent' anni, e di Mario Perozzo, diciannove, in discesa tra Padova e Bassano. Individua Valentina Fedele, diciannove anni, con papà Silvano, al pascolo sul passo Cereda sotto le Pale di San Martino, e Giacomo Carbonari, venti, in viaggio verso il mare via Verona. Claudio Fronza, ventitré anni, lo becchiamo quasi per caso in un banco di nebbia sotto Roncegno. Il suo gregge taglia la strada in uno scricchiolìo di brina, lasciando una coda di escrementi. Ottocento bestie e, nel mucchio, alcuni asini addetti al trasporto degli agnelli neonati. Con Claudio trovo i suoi fratelli: Luca di ventun anni e Andrea di diciotto. Tutti reclutati, da quando Papà Renatoè finito all' ospedale. Ragazzi duri, di poche parole come tutti i pastori. Non dicono una sillaba più del necessario, e c' è da capirli. Hanno tutto contro. Lamenta Claudio: «Sempre più difficile andare in giro, troppi Comuni sono chiusi al transito». Sembra una barzelletta, ma in Italia si multano i pastori perché le pecore fanno la cacca o i cani non hanno il guinzaglio. C' è un decreto presidenziale del 1954 che consente ovunque il pascolo vagante, ma molti sindaci, specie se ostaggio dei cacciatori, mettono egualmente i bastoni tra le ruote. «Dicono che spaventiamo la selvaggina, lepri, fagiani, quaglie. Ma non è vero». Il veterinario conferma: «Questi poveretti dovrebbero passare il tempo a riempire formulari in ogni Comune... E le Asl pretendono di sapere i giorni esatti del passaggio, luogo per luogo... Ma come fanno a non capire che i tempi del pascolo vagante sono imprevedibili, perché tutto dipende dal clima e da mille altre cose? È la natura, e non i vigili urbani, a regolare questo ritmo millenario». Federico II di Svevia, il miglior monarca che l' Italia abbia avuto, mise in riga i signorotti d' Appennino che tassavano o impedivano la transumanza. Allora le pecore in Italia erano venti milioni e il re aveva capito perfettamente che in quello spostamento di animali stavano la ricchezza e l' equilibrio ambientale del Paese. Ma erano altri tempi. «A noi basterebbe che ci lasciassero in pace», brontola Claudio, poi fischia forte per far scattare il cane. È alto, magro e ha occhi chiari. Ha l' andatura caracollante dei montanari di una volta, ma quando si ferma sembra metter radici nel terreno come una quercia. Fa un freddo becco, e ha addosso solo un maglione. «Hai la morosa?» gli chiedo ancora. «Momentaneamente no», risponde secco. Non è facile vivere con un pastore o un mandriano se non hai la loro passione. È il motivo per cui spesso in quel mondo le coppie si formano tra affini. Katia Dellagiacoma, ventidue anni di Predazzo, e Luisa Stroppa, ventiquattro anni di Telve Valsugana, entrambe malgare, hanno scelto per compagno un allevatore. Cheyenne, mitica pastora della Val di Rabbi, si è accoppiata con uno che fa il suo mestiere. Stessa cosa per Sara Barillaro, triestina di ventuno anni dal sorriso solare e i capelli mori, rasta. Ha cominciato il mestiere in Spagna e poi s' è trovata un tedesco matto per le pecore, uno che di nome fa pure Florian. «Ci siamo incontrati perché avevamo lo stesso amore. Entrambi, se potessimo, faremmo solo quel mestiere». Per scendere in pianura Claudio e i suoi fratelli aspettano Fabio, che staa Predazzo in Val di Fiemme. Giovane anche lui, diciannove anni, e di cognome Zwerger. È sul campo da due anni, ma ha già conquistato la fiducia degli altri pastori, un mondo dove se non funzioni non entri. Lo incontriamo ai piedi del Latemar, davanti a un bosco sfolgorante di colori autunnali. Turbo, il suo cane, corre come una lepre, ma è ancora inesperto, si becca un calcio da un' asina e torna zoppo e umiliato dal padrone. «Quando ero bambino - racconta - passava il pastore e io lo adoravo. La passione è cominciata così. I miei mi hanno mandato a scuola, ma io era alle pecore che pensavo». Fabio Dellagiacoma, il padrone del prato, è felice di quel ragazzo e quasi lo invidia. Se potesse starebbe anche lui con le pecore. «È dura ma è magnifico», dice. «Se non hai passione, come fai, quando che el fioca, quando che el piove o quando che el venta? ». Il giovane Zwerger la passione ce l' ha, altroché. Gli chiedo come fa a resistere tutto l' inverno all' aperto. Lui: «Mai preso un raffreddore col freddo. Patisco più il caldo». Guarda le sue bestie che si spalmano sul prato e ride: « Se no te le fermi le fa ben el giro del mondo ». È cambiato tutto. Ieri avevi Gavino Ledda, l' autore di Padre padrone, che si laureava dopo essere stato pastore. Oggi hai Luca Alessandri, trentacinque anni da Tuenno in Val di Non, che prima si laurea in filosofia e poi va a fare il mandriano. «Cambiano le aspirazioni e i valori - dice dei giovani transumanti - ora speriamo che l' economia giri in loro favore, altrimenti saranno spazzati via». C' è qualcosa di nuovo sulle Alpi, conferma il forestale Gigi Casanova: «Questi ragazzi ci danno coraggio e ci aiutano a tenere il territorio in ordine. Il loro lavoro è inestimabile».

PAOLO RUMIZ

Repubblica  02 dicembre 2012  32 - 33 sez. DOMENICALE

Buco, mazzate, botte, 2,5 milioni da pagare per il riscatto del metano?
E' necessaria un po’ di chiarezza.

 La mia amministrazione in carica fino al 2009, nel 2007 da il via al riscatto degli impianti di distribuzione del gas metano dall'allora società Cigas, originaria concessionaria del servizio.
Il riscatto era operazione  imposta dalla Legge, essendo prossima alla scadenza, per decisione del legislatore, la convenzione sottoscritta ancora nel lontano 1986, che non garantiva alcun introito al Comune e attuato da quasi tutti i Comuni contermini.
La mia Amministrazione non si è  mossa con superficialità e disinvoltura come si vorrebbe far credere, anzi si è avvalsa di un Ingegnere altamente specializzato nella stima delle reti del gas e di un altrettanto esperto Avvocato amministrativista, dei quali si è servita anche l'attuale Amministrazione Miatello.
Tanto la stima asseverata fatta dall'ingegnere, quanto le indicazioni dell'Avvocato, hanno portato da un lato a fare un nuovo appalto del servizio di distribuzione del gas, che prevede un contributo annuo a favore del Comune di circa € 100.000 per 12 anni, con un introito complessivo di
€ 1.200.000,   dall'altro ad accantonare a favore della Cigas un importo di € 426.204 come anticipo  del riscatto delle reti.
I contenziosi promossi contro il Comune avanti al TAR e al Consiglio di Stato si sono risolti tutti positivamente per il Comune, segno che l'attività compiuta è stata  regolare.
In sostanza la mia amministrazione si è mossa su questo quadro di fatti e  numeri, e non credo che altri avrebbero potuto trovare agilmente altre soluzioni. E senz'altro facile parlare con il senno di poi, ma ragionando ora per allora, con i fatti e i numeri prospettati dagli esperti incaricati,  non restava molto altro da decidere. Anche l'ipotetica transazione non  poteva essere attuata in mancanza di una lite pendente tra le parti e soprattutto in mancanza di volontà da parte della Cigas di rinunciare a una parte economica del contendere.  La vecchia e scaduta convenzione del 1986,  era inoltre un capestro per il Comune, per cui anche una proroga della stessa si presentava difficilmente giustificabile.
Tornando ai numeri, ben € 1.200.000 erano stati messi nella “partita”  dalla mia Amministrazione, per la definizione equilibrata della vicenda.

 

Purtroppo la decisione del lodo arbitrale pervenuta il 2 gennaio scorso, che non ho seguito, essendosi svolto sotto il mandato del sindaco Miatello,  ma al quale ha partecipato lo stesso Avvocato del Comune, con l'ausilio dello stesso Ingegnere esperto nella veste di Consulente di Parte, ha in parte disatteso i numeri, stabilendo in € 1.850.763,13 la somma del riscatto.
Miatello sa benissimo, per aver visto tutte le carte,  che il risultato è una questione squisitamente tecnica e non politica.
Non si può inoltre negare, che l'operazione del riscatto abbia comportato notevoli benefici anche per i nostri cittadini che usufruiscono del servizio gas metano e che il riscatto delle reti si  finanzierà comunque in 18 anni, anziché 12,  grazie al contributo di circa 100 mila euro annui, ottenuti dal nuovo gestore.
Mi risulta, poi, che le spese di lite, i compensi degli Arbitri, le spese del funzionamento del Collegio e il compenso del CTU, siano state  tutte compensate, per cui il Comune dovrà sostenere le proprie e non anche quelle delle altri parti.
In sostanza non c’è alcun buco perché l’operazione è interamente finanziata. Il problema è piuttosto come affrontare nel breve termine il pagamento della somma liquidata dal lodo arbitrale, nonostante i vincoli del patto di stabilità.
Non ho motivo di pensare che il Sindaco Miatello non si adoperi, come chiunque altro,  per trovare una soluzione per il Comune, valutando eventuali azioni impugnative o promuovendo un tavolo di trattative con la controparte. Questo è ciò che deve fare.
Auspico quindi che possa raggiungere il migliore risultato per il Comune, che affronti la situazione come ogni nuovo sindaco ha da fare quando subentra in corsa in analoghe problematiche  e che  non dia, come sempre fatto finora, gratuite colpe alla precedente amministrazione.     

 Leopoldo Marcolongo-già sindaco dal 1999 al 2009

San Giorgio in Bosco, 14 febbraio 2013
 
 
Lettera al Ministro degli Affari Esteri per impedire lo spostamento del monumento a Cristoforo Colombo a Buenos Aires (Argentina)


http://www.tribunaitaliana.com/Collettivit/Argentina-indignados-italiani-e-la-marcia-su-Colombo-/2391


                                                                           San Giorgio in Bosco, 8 maggio 2013

 
Egr. Sig. Ministro,

dalla comunità italiana di Buenos Aires, in Argentina,  sono giunte notizie, mai smentite dal Governo argentino, dell’intenzione di togliere il monumento a Cristoforo Colombo dalla piazza che porta il suo nome, dietro alla Casa Rosada e inviarlo a Mar del Plata, a 400 km a sud della Capitale, per mettere al suo posto un monumento a Juana Azurduy.

     Il monumento a Colombo, si trova in quel posto dal giorno della sua inaugurazione nel 1921 e fu donato dalla collettività italiana, che sostenne le spese con una raccolta di fondi alla quale parteciparono emigrati italiani residenti in tutta l’Argentina. Al suo posto sarebbe innalzato il monumento all’eroina dell’Indipendenza, che sarà donato dal Governo boliviano. Le dichiarazioni, lettere, richieste, ricorsi giudiziari, ancora non hanno avuto alcuna risposta. In questo caso la decisione di togliere il monumento a Colombo sarebbe direttamente una offesa, un disprezzo a chi lo ha donato, cioè alla Comunità Italiana. Anzi ai loro padri, nonni, bisnonni. A coloro che emigrarono in Argentina a partire dagli anni ‘80 del XIX secolo e inizi del XX secolo, contribuendo in modo determinante a fare grande l’Argentina.

     Quel navigatore italiano che è parte della storia di oltre la metà della popolazione argentina, ebbe anche la  riconoscenza de la terra che lo aveva accolto. Per questo il monumento a Cristoforo Colombo. Un eroe, un imprenditore, un uomo del Rinascimento che ammiravano, cento anni fa, sia argentini che emigrati italiani. Per questo, per la  Comunità italiana di B.A., rimuovere il monumento a Colombo, è una offesa a tutti gli emigrati italiani, a quanti hanno a cuore i loro antenati. A tutti quanti sono fieri e riconoscenti verso i genitori, i nonni e i bisnonni italiani. A tutti gli argentini che anche se non sono discendenti di italiani, sono consapevoli dell’importanza del contributo dell’immigrazione, italiana alla cultura argentina.

     Nonostante le lettere inviate alle autorità di B.A. e all’iniziativa lanciata dal Comites di Buenos Aires martedì 23 aprile u.s., che ha riempito la piazza Colón in un abbraccio alla piazza e al monumento, chiedendo che non sia toccato da dove si trova, non sono purtroppo giunte notizie positive.
Un abbraccio a Colombo, ma che in fondo è una stretta ai loto genitori e nonni, a tanti anziani emigrati che hanno dato tanto all’Argentina, anche quando l’Argentina non di rado è stata ingenerosa con loro.
Un abbraccio all’Argentina che vogliono aperta a “tutti gli uomini del mondo che vogliono venire ad abitare questa terra”, come recita il Preambolo della Costituzione Argentina.

      Siamo certo che un Suo autorevole intervento, nel rispetto della sovranità del Governo argentino, contribuirà, per i nostri emigrati, a non sentirsi dimenticati dall’Italia.

      Con osservanza
                                                                                     Leopoldo Marcolongo 
                                                                                      

Allegate n. 3 lettere Comites-Feditalia-Fediba


Al Ministro degli Affari Esteri
Emma Bonino
Piazzale della Farnesina 1
00135 ROMA
gabinetto.ministro@cert.esteri.it

 

[1] Juana Azurduy de Padilla, una guerrigliera boliviana nata nel 1780, una specie di “Montonera” esistita circa 200 anni prima dell’ apparizione dei Montoneros in Argentina.

La Azurduy accompagnó  suo marito nella lotta per l’ emancipazione del Vice Regno del Rio de la Plata contro il regno della Spagna. Alla morte di suo marito assunse il comando delle formazioni di guerriglia, per cui la sua memoria è onorata in Argentina ed in Bolivia.

Fu educata nel prestigioso convento di Santa Teresa di Chiquisaca (Bolivia), dove entrò come indigente da giovinetta. Morì  nel 1862, a 81 anni.

Nel 2009 la Presidente argentina e il Presidente boliviano Evo Morales Ayma la nominarono Generale post mortem dell’ Esercito Argentino, oltre ad essere già Colonnello  dell’ Esercito Boliviano e Maresciallo post mortem della Repubblica Boliviana.









 

Buenos Aires, Miércoles 27 de Marzo de 2013.

 

Dra. Maria Eugenia VIDAL
Vice Jefe del Gobierno
de la Ciudad Autónoma de Buenos Aires
Presidente de la Legislatura Porteña

 

Estimada Señora Presidente de la Legislatura Porteña

Entramos en conocimiento de que se está evaluando trasladar el monumento de Cristoforo Colombo desde donde está emplazado en la actualidad a la Ciudad de Mar del Plata.

Este monumento tiene un alto valor simbólico para nuestra Colectividad en la Argentina, ya que fue donado por el mismo Estado Italiano a la República Argentina con masiva intervención de toda la Colectividad residente en el País, en conmemoración del primer centenario de la Revolución de Mayo de 1910.

Todos los años desde hace más de un siglo, la Colectividad lo homenajea, siendo Cristoforo Colombo el descubridor de las Américas.

Es por ello que le pedimos tenga en cuenta nuestra inquietud de no innovar en el tema y contemple el pedido de dejar el monumento donde se encuentra ubicado actualmente y, desde ya, agradecemos la atención brindada.



Dra. Josefina MAINIERI                                       On. Luigi PALLARO

    Presidente FEDIBA                                           Presidente FEDITALIA


Sra. Irma RIZZUTI                                                Cav. Graciela LAINO

 Representante de la Comunidad Italiana             Presidente COMITES Buenos Aires            

en el Foro Porteño de las Colectividades


giovedì 12 luglio 2012


Gazzettino 09.07.2012

S.Giorgio in Bosco

Polemica sui debiti tra l'ex Marcolongo e il sindaco Miatello

(G.C.) «L'amministrazione precedente non ha lasciato debiti, intendendo finanziamenti da reperire per coprire buchi. È normale che i mutui si susseguano perché sono pluriennali. Come io ho trovato i mutui delle asfaltature e delle scuole di 10 e 15 anni prima, l'attuale amministrazione troverà quelli per Villa Bembo». A parlare è l'ex primo cittadino Leopoldo Marcolongo, che non ci sta a sentirsi dare dello «sperperone» dal sindaco Bobo Miatello.

«Non voglio la polemica - dice Marcolongo - perché potrei tirare fuori i debiti fuori bilancio di Legambiente e spero di non dover più difendermi da questi periodici attacchi, ma quando la gente mi dice che abbiamo lasciato debiti, mi da fastidio perché sappiamo tutti che non è così e che la causa è il patto di stabilità, ma questo non dipende dalla passata amministrazione. Tutte cose che ho già precisato, ma evidentemente non è bastato. Miatello la smetta di chiamare sempre in causa noi, perché non solo non abbiamo lasciato debiti, ma abbiamo investito 7,5 milioni di euro in 5 anni e diminuito il debito facendolo scendere dai 2,8 milioni del 2003 ai 2,2 del 2008. «Mi fa solo piacere -dichiara Marcolongo - che il Comune abbia ricevuto l'encomio di ente virtuoso, ma l'arroganza di Miatello nel prendersi i meriti mi pare eccessiva. Dopo 30 anni di opposizione sta finendo il mandato lasciando il deserto, non solo nei lavori pubblici ma in quello che veramente conta: l'associazionismo e il volontariato, la vera ricchezza del paese».