giovedì 11 marzo 2010




19 dicembre 2008 - Convegno “Il ruolo degli enti locali nell’inserimento socio-lavorativo di persone in uscita dai circuiti penali

E’ con grande soddisfazione e orgoglio che viene presentato oggi il Vademecum informativo “Enti locali ed azioni di inclusione sociale a favore di persone in esecuzione penale esterna e in uscita da circuiti penali” realizzato all’interno del Progetto di sensibilizzazione delle Amministrazioni comunali sul tema del reinserimento sociale dei detenuti curato dall’Osservatorio Regionale Devianze, Carcere e Marginalità Sociali.

Porto il saluto da parte dell’ANCI all’Assessore regionale alle Politiche Sociali Stefano Valdegamberi, al Direttore dell’Osservatorio Dott. Fortunato Rao e ai suoi collaboratori, ai relatori e ai partecipanti a questo convegno e un ringraziamento a quanti hanno creduto in questo progetto, in particolare alla Dr.ssa Chiara Ghetti che lo ha sempre sostenuto.

Ogni comunità per reggersi ha bisogno di leggi, delle quali la giustizia si incarica di garantire il rispetto, punendo i trasgressori. In tal modo il concetto di legge è indissolubilmente legato al concetto di pena, la quale però deve avere in sé il fine primario della riabilitazione. La privazione della libertà mira non all’annientamento del reo, ma al ripristino dei principi che il delitto ha offeso. Questi presupposti trovano un fondamento sull’idea che il colpevole, oltre che pentirsi, possa modificare profondamente la propria personalità, specie se aiutato attraverso un piano di rieducazione.

Il pianeta carcere è salito prepotentemente alle cronache in questi ultimi anni per i problemi di sovraffollamento, attualmente peggiore del 2006, prima dell’indulto, per i suicidi, per la prevalenza dirompente di detenuti stranieri e di detenuti in attesa di giudizio. Sui giornali di ieri poi si leggeva la drammatica emergenza alla Casa Circondariale del “Due Palazzi” con 216 detenuti, a fronte dei 98 regolamentari e di 14 arresti nelle 24 ore. E’ una realtà che ci sta sfuggendo di mano. Una pesante incidenza sul sovraffollamento riveste altresì l’attuale sistema sanzionatorio, tutto incentrato sulla pena detentiva come risposta alla violazione della norma penale. Un simile sistema sconta tutta la sua inefficacia. La detenzione è inefficace nel dissuadere dal commettere futuri delitti, mentre l’applicazione di misure alternative al carcere risulta essere decisamente più efficace: i recidivi fra gli affidati al servizio sociale sono pari al 19%, mentre fra coloro che scontano la pena interamente in carcere i recidivi sono il 68 per cento. Una mentalità di “tolleranza zero” e di “insicurezza percepita” di alcuni Sindaci, specie sul problema stranieri dove qualcuno ipotizza addirittura il reato di immigrazione clandestina, preme sul ricorso al carcere per liberarsi dei cittadini scomodi, togliendoli dal proprio territorio e affidandoli allo Stato, non rendendosi conto che, scontata la pena, questi ritornano.

Affrontare il problema solo sotto l’aspetto dell’ordine pubblico non sembra sufficiente e anche non conveniente. Considerarlo invece come un problema sociale è più vantaggioso per la collettività.
I grandi Comuni come quello di Padova e alcuni Comuni di minori dimensioni sono ormai da anni impegnati in progetti di inclusione sociale di detenuti di grande efficacia.
Il problema è che molti Sindaci spesso non conoscono la realtà carceraria, pochi hanno visitato un carcere, molti non sanno neppure dove sia localizzato.
Anch’io ho scoperto il mondo carcerario da pochi anni, in occasione del Convegno “non lavorare stanca” e da lì è partito l’accordo con il direttore del carcere di Padova per l’impiego presso il mio Comune dei primi detenuti in art. 21 bis. Al primo Consiglio comunale successivo l’opposizione mi chiedeva se i detenuti avrebbero avuto la palla al piede, ma poi, piano-piano, i miei concittadini, non solo non si sono spaventati, ma hanno apprezzato il lavoro dei detenuti a fianco dei nostri operatori.
Da quell’esperienza, che continua tutt’ora, è nata l’idea che, se questo progetto ha funzionato in pochi Comuni, poteva essere esteso anche a molti altri dei 581 Comuni della nostra Regione. Bisognava informare e diffondere le buone prassi.
Oggi che viene pubblicato l’opuscolo informativo rivolto agli Enti locali, ma anche agli operatori del settore, ringrazio l’Ass. Valdegamberi per la sua sensibilità e spero, se non di svuotare quel grande “condominio” della città dove sono ristretti i carcerati, almeno di creare qualche opportunità in più a chi ha sbagliato, ma dimostra con i fatti che può ritornare nella sua comunità. Un recupero che metta insieme il mondo delle Associazioni, le Cooperative, i Centri Servizi per il Volontariato, il mondo del lavoro, le Istituzioni per ricreare autostima e dignità negli ex-detenuti. E allora anche il loro Sindaco, sarà soddisfatto di aver contribuito al progetto di recupero.

Io credo che, grazie a tutti i colleghi sindaci o assessori oggi qui presenti e a quelli che non hanno potuto partecipare, ma sono sensibili al problema, possiamo lavorare, insieme a tutti gli operatori del settore, e sperare in una società civile più umana, perché nessun uomo nasce delinquente.


Leopoldo Marcolongo
Rappresentante Anci nella Commissione Interistituzionale Area Penitenziaria

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