martedì 16 marzo 2010

Prima i residenti, poi, se avanza, i "foresti".


Nonostante l´emigrazione di fine Ottocento (Brasile), San Giorgio in Bosco nel 1928 contava 6.500 abitanti. La povertà era diffusa, ma i valori tradizionali legati alla famiglia patriarcale e alla Chiesa erano forti.
Dopo la seconda Guerra Mondiale l´emigrazione è divenuta inarrestabile sia verso l´Estero (Argentina, Canadà, Stati Uniti, Australia, Germania, Svizzera, Belgio, Francia), che verso l´interno dell´Italia (Lombardia e Piemonte in primis) facendo scendere la popolazione al minimo storico di 4.500 abitanti.
Con il boom economico degli anni ´60 e ´70 è arrivata sì la ricchezza, modificando in profondità il sistema valoriale tradizionale. Case nuove, fabbriche, auto; il benessere in tutte le sue sfaccettature. Va formandosi il mito del Nord-Est, del piccolo artigiano-agricoltore con la Mercedes che riesce a fare i "schèi". L´unico tratto di intolleranza era riservato allora ai Meridionali, che occupavano i posti pubblici a scapito dei Veneti.
Negli anni ´80 la scolarizzazione si diffonde e l´economia si sposta sempre più nei settori secondario e terziario. Aumenta la disponibilità dei posti di lavoro, ma diminuisce la natalità e la popolazione invecchia, creando un aumento della domanda di occupazione e nuovi problemi sociali. Si tratta di nuovi squilibri generati dall´abbandono dei modelli della società tradizionale e da un balzo economico mai conosciuto prima.

L´otto agosto 1991, con l´arrivo della nave "Vlora" al porto di Brindisi, anche San Giorgio ospita i primi tre Albanesi spalmati dal Governo su tutto il territorio nazionale. Da paese di emigranti ci scopriamo paese di immigrazione. Nel frattempo la popolazione è ritornata a quota 6.300 abitanti, 600 dei quali extracomunitari e neocomunitari. I tre gruppi maggiormente rappresentati sono:
I Romeni che, dopo aver soppiantato gli Albanesi, rappresentano l´etnia prevalente (50%). Sono quelli integrati meglio perché di religione cristiana e con miglior facilità ad apprendere la lingua italiana. Tuttavia fra loro sono presenti elementi violenti e poco disposti ad osservare le regole, creando nell´immaginario collettivo l´opinione che siano tutti criminali e che siano extracomunitari, mentre non lo sono.
Gli afro-asiatici che, dopo l´attentato alle Torri gemelle del 2001, sono visti con sospetto e considerati fondamentalisti e terroristi. La loro ostentazione di segni esteriori come il velo, viene vista come una scarsa propensione all´integrazione.
I Cinesi, praticamente impenetrabili e invisibili, generano l´impressione di un pericolo inafferrabile e quindi peggiore del reale. Quando si parla di laboratori clandestini e di schiavitù, il pensiero va a loro.

San Giorgio, come il resto dell´Italia, non poteva assorbire in meno di vent´anni una trasformazione così forte da apparire come un´aggressione all´identità e al benessere raggiunto. Se guardiamo ai 130 anni di storia dell´emigrazione italiana, pur in tempi e condizioni diverse, e tralasciando il facile stereotipo dell´Emigrante Italiano sempre bravo e laborioso, è evidente che le difficoltà di integrazione sono sempre le stesse. Volevamo braccia, ma sono arrivati uomini, è stato scritto!

Se è vero che la storia insegna qualcosa, non possiamo dimenticare che l´emigrazione è sempre esistita e ci sarà sempre finché il Mondo continuerà a dividersi fra Paese ricchi e Paesi poveri. Chi si sposta per fame, persecuzioni o guerre non si ferma a leggere i cartelli di divieto, né si spaventa per il reato di immigrazione clandestina, né viene fermato dal filo spinato.

Secondo gli studiosi lo squilibrio demografico del Nord-Est continuerà almeno fino al 2050 perché anche gli immigrati hanno cominciato ad avere meno figli e quindi ci sarà forse bisogno di altra Immigrazione per mantenere l´economia. Non essendo possibile fermare i flussi migratori è necessario affrontarli con pragmatismo.
Anziché fomentare la paura dello straniero - sempre di moda nei tempi di crisi economica - è necessario integrare i nuovi arrivati, stabilendo un patto di integrazione. Casa, corsi di lingua italiana, diritto di voto, diritto di coltivare le proprie tradizioni e religioni, nel reciproco rispetto delle Leggi del nostro Paese.

La Lega Nord ha forse saputo cogliere prima di altri partiti le esigenze del Nord-Est, ma invece di rispondere con un progetto costruttivo ha deciso di fondare il proprio pensiero sulla paura, prima dei meridionali e poi degli extracomunitari. Ha generato l´illusione che sia possibile sfruttare di giorno il lavoratore straniero per poi farlo scomparire di notte per non turbare il quieto vivere degli Italiani. Al motto di Roma-ladrona, la Lega è riuscita a entrare nella stanza dei bottoni del potere politico tradendo subito il Nord quando ha votato finanziamenti ai comuni non virtuosi di Roma e Catania e promettendo un federalismo che rimane utopia. Ai sindaci veneti che a Roma hanno chiesto il federalismo hanno riposto che non serve protestare perché sono loro i custodi delle rivendicazioni del Nord. A Roma i Ministri Zaia e Brunetta votano le centrali nucleari, poi dicono ai veneti che in Veneto non si faranno mai. Ma dov´è la coerenza?
I Leghisti, dopo i miti pagani dell´acqua del Po´ e dei matrimoni celtici, fiutando il malessere di una parte dell´elettorato cattolico si sono trasformati in paladini della cristianità diventando nuovi Crociati e brandendo il crocefisso come una spada. Con le ordinanze sulla sicurezza e le ronde la Lega cerca di anestetizzare il Nord-Est facendo leva sulla pancia della popolazione, sulla sua paura. C´è un´ordinanza per tutto: per la residenza, per le case popolari, per le panchine, per i colombi, per il crocefisso, per gli assembramenti nei giardini pubblici. Non importa poi se il Tar le boccia perché illegali. L´importante è avere ogni giorno visibilità sui giornali e le televisioni.
Ora la Lega garantisce il potere del Presidente Berlusconi che, in cambio, le ha venduto il Veneto, come fece Napoleone con l´Austria. E comunque le decisioni non si sono mai prese in Veneto, ma in Lombardia. La Lega camperà finché i Veneti non capiranno che sono stati imbrogliati.

In questa deriva forcaiola il vento leghista è soffiato anche nell´Alta Padovana e grazie ai media sono nati i sindaci-sceriffi. Prima Bitonci, ora anche Onorevole, e poi tutti gli altri in fila per avere il loro momento di visibilità mediatica.

Durante i miei dieci anni di amministrazione (1999-2009) a San Giorgio il Paese aveva faticosamente iniziato percorsi di integrazione per gli immigrati, stabilito rapporti di gemellaggio con la Bosnia, lanciato il programma per la realizzazione del Museo dell´Emigrazione Veneta, allacciando contatti con i nostri Emigrati all´estero, anche con viaggi in Brasile e Argentina.
Con l´avvento della nuova amministrazione siamo ritornati all´oscurantismo. E´ più facile distruggere che costruire. Sono stati tolti i cartelli del gemellaggio, chiuso lo sportello per gli extracomunitari, azzerato il progetto del Museo. Si è inaugurata la stagione di un potere che va esaltato ed esibito ogniqualvolta si presenti un´occasione che permetta di fare rumore. La concessione di una sala comunale o di un campo da calcio è stabilita in base agli iscritti residenti nel paese. Prima i residenti, poi, se avanza, i "foresti".

Il caso della negazione del campo da calcio alla quadra romena assume i connotati del neofascismo, quando si afferma che il campo, già usato da 7 squadre, si rovina con l´ottava. L´apice è stato toccato affermando che la squadra romena è sponsorizzata dal sindaco Marcolongo e che la precedente amministrazione non ha mai fatto pagare l´utilizzo del campo ai romeni.


Quello che bisogna sapere è invece che:
nessuna squadra ha mai pagato per l´utilizzo dei campi da calcio, nemmeno quelle locali (è il Comune che deve farsi carico di sostenere le squadre di calcio);
la sponsorizzazione dura da prima dell´attuale amministrazione;
i Romeni non posso votare per il Partito di Marcolongo (il PD) perché non hanno diritto di voto (possono votare solo per le Europee).


San Giorgio in Bosco, 18 febbraio 2010
Leopoldo Marcolongo

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